Quarta ondata covid: la Sanità travolta dalle conseguenze dei tagli
di Mario Avossa (medico)
Quest’ulteriore ondata di contagiati ha nuovamente condotto masse di ammalati nelle strutture per acuti del Sistema sanitario nazionale (Ssn). Nella seconda e nella terza ondata, in Italia è stata adottata una tattica di «misure di mitigazione» (rinunciando al lock down) finalizzate a flettere la curva epidemica per limitare il sovraccarico dei servizi sanitari. Le soluzioni ammnistrative per fronteggiare i ricoveri della quarta ondata non sono state diverse dalle due precedenti e i funzionari responsabili regionali delle Asl e degli ospedali non hanno introdotto alcuna novità rispetto ai fallimentari piani delle precedenti ondate: poco personale, per lo più avventizio, posti letto carenti, disorganizzazione e scaricabarile sui dipendenti. In quasi tutti gli ospedali i funzionari hanno recentemente disposto chiusure e accorpamenti dei reparti di degenza e questo ha avuto come conseguenza il dimezzamento dei posti letto per le patologie specifiche. Le rianimazioni e le terapie intensive si sono di nuovo riempite e gli anestesisti hanno denunciato di nuovo la carenza di organici, di posti letto e di strutture. Contestualmente, gruppi di personale sanitario sono stati distolti e dislocati senza tanti complimenti in reparti di terapia intensiva Covid riaperti in fretta e furia, mentre si disponevano interruzioni di sale operatorie, blocco dei ricoveri e delle visite ambulatoriali di routine.
Il sovraffollamento dei Pronto Soccorso
Altro disservizio è stato quello del sovraffollamento dei Pronto Soccorso (Ps), ingolfato per l’aumento degli accessi e per il lento smaltimento dei casi acuti. Si riversano e si mescolano in Ps contemporaneamente due diverse coorti di pazienti: gli acuti veri e propri (emergenze, urgenze di primo e secondo livello) e pazienti che non riescono a trovare una risposta nel territorio e nei distretti e dai medici di base a svariate necessità di assistenza non urgenti. L’ingolfamento è detto access block, e si verifica quando l'uscita dal Servizio di Pronto Soccorso dei pazienti, valutati come bisognosi di ricovero urgente, viene ritardata a causa della mancanza di posti letto nei reparti di destinazione. Il caos che deriva da queste premesse viene percepito come ignavia dei lavoratori di Pronto Soccorso e spesso innesca reazioni violente e furiose dell’utenza meno consapevole: da ciò le aggressioni ai lavoratori incolpevoli, lasciati in pasto all’utenza inferocita da parte dei direttori generali, che sono i responsabili del caos e della disorganizzazione in quanto esecutori dei tagli di posti letto e di organici.
Di fatto, le autorità sanitarie hanno rincorso una patologia accantonando le altre. Si sono comportate come un generale che disponesse di sguarnire di truppe un fronte bellico per accorrere sulla difensiva verso un altro fronte pericolante. Solo che il fronte sguarnito era già in difficoltà da prima. Un esercito che si comporta così va inevitabilmente incontro a una sconfitta. E i risultati li abbiamo sotto gli occhi in queste settimane: centinaia di morti al giorno per Covid e, d’altro canto, ritardi e rallentamenti nei ricoveri, nelle diagnosi e nelle erogazioni di prestazioni assistenziali. Un disastro su entrambi i fronti.
Territorio, distretti e medicina di base depotenziati
In tutto ciò passa sotto silenzio l’assenza delle strutture territoriali del Ssn. Sul fronte covid i distretti Asl si limitano a eseguire il «programma Figliuolo». Ma anche sulle restanti patologie i distretti non fanno granché. Da anni la prevenzione secondaria dei tumori maligni è un atto meramente facoltativo in capo ai funzionari del Ssn e in tante Regioni non si fa nemmeno più. I piccoli ospedali di prossimità sono stati quasi tutti chiusi e gli ambulatori di distretto erogano il minimo indispensabile, privi di personale e di apparecchiature.
Resta interlocutorio il ruolo dei medici di base: a fronte della maggioranza di professionisti dignitosi, una piccola parte di essi confluisce in una corporazione di privati che esprime molti presidenti degli Ordini e alcuni dei maggiori funzionari dell’Enpam (nell’occhio del ciclone per gli scandalosi compensi dei medici funzionari, di proporzioni faraoniche, a fronte dell’erogazione di pensioncine di pochi spiccioli). I tanti medici di base di buona volontà restano isolati e non sono messi in grado di affrontare in sicurezza i pazienti covid e tutti i compiti loro affidati.
La coperta è troppo corta. Solo per il 2020 abbiamo un milione di diagnosi oncologiche non eseguite e il 56% di diagnosi di Hiv in meno rispetto ai tre anni precedenti (2). Questo comporterà una coorte cronologica di prognosi peggiori nei prossimi mesi.
37 miliardi di tagli alla Sanità pubblica
Non è possibile confrontarsi con un’epidemia in corso e con le patologie acute e croniche della popolazione nelle condizioni in cui è stato gettato il Ssn. In dieci anni sono stati effettuati 37 mld di tagli alla Sanità pubblica per opera di tutti i governi senza distinzione alcuna; cosa ancor più grave, i tagli sono stati più estesi e con conseguenze drammatiche nelle regioni meridionali della penisola, a reddito pro capite minore o infimo: è notizia di questi minuti la cancellazione pressoché totale dell’assistenza psichiatrica in Calabria, la cui sanità è commissariata da dieci anni.
Una sintesi realistica e attendibile della gravità dell’attacco al Ssn e delle conseguenze sullo stato di salute delle masse popolari è contenuta in un recente documento della Fondazione Gimbe, cui rimandiamo (3).
Si avvantaggiano dei tagli ai fondi della Sanità i privati e la fiscalità generale. Le strutture private convenzionate hanno scopo mercantile e non offrono aiuto per la pandemia: potrebbero accogliere una piccola quota parte di pazienti non bisognevoli di terapia intensiva, cosa che non fanno; e tuttavia si tratta di strutture per la maggior parte convenzionate, cioè finanziate da fondi pubblici.
Lo storno dei 37 mld di euro sottratti al Ssn è di fatto una partita di giro per andare a rimpinguare a fondo perduto banche e industrie, come abbiamo potuto vedere nei cosiddetti salvataggi delle banche degli ultimi anni e nelle meno note sovvenzioni a fondo perduto a industriali e multinazionali senza scrupoli: questi, intascati i fondi pubblici, hanno comunque proceduto a licenziamenti di massa, chiusure e delocalizzazioni.
In questa situazione il personale sanitario di ogni profilo resta sottodimensionato rispetto alla realtà delle esigenze assistenziali, in particolare nei reparti ad alta intensità di assistenza, con stipendi irrisori e scarse prospettive di progressione di carriera. La carenza di personale comporta la costrizione a turni subentranti senza soluzione di continuità, con stress e fatica in accumulo. Le conseguenze sono inevitabili: è di queste ore la notizia di una giovane infermiera deceduta in un incidente stradale mentre era di rientro a casa dopo due intense notti di seguito di lavoro (4).
I capitalisti ignorano le loro responsabilità
I capitalisti sono i responsabili indiretti della zoonosi planetaria Sars-Covid-19 per l’aggressione condotta alle oasi di biodiversità; e sono i diretti responsabili dei milioni di morti nel mondo per non aver saputo né voluto frenare la circolazione del Coronavirus pur avendone i mezzi legislativi e organizzativi. Per banchieri e industriali la necessità non era quella di proteggere la salute delle classi da loro oppresse ma era ed è quella di convogliare milioni di lavoratori alla produzione e distribuzione delle merci: in breve, il loro vantaggio economico di classe.
Nonostante queste responsabilità i capitalisti hanno ridimensionato un po’ dappertutto i Sistemi sanitari pubblici; in Italia peggio che altrove (lo si evince dal numero dei morti in questi due anni superiore a quello di Paesi comparabili) e nelle regioni meridionali peggio ancora, dove i lavoratori e le classi oppresse sono lasciati a sé stessi, privi di assistenza pubblica e costretti ai viaggi della speranza.
Apriamo il conflitto sociale e politico per le rivendicazioni di classe
Noi sosteniamo che il conflitto fra le necessità di assistenza sanitaria delle classi subalterne e la politica di smantellamento del Ssn a opera dei governi borghesi sia insanabile. In una società socialista a economia pianificata sarebbe agevole comporre necessità produttive e tutela della salute collettiva. Ma non possiamo limitarci ad attendere il sol dell’avvenire. Da ora occorre la mobilitazione contro il governo dei banchieri e degli industriali per rivendicare un Ssn universale, non regionalizzato, gratuito e di qualità: assunzione di personale di tutte le figure professionali con contratto a tempo indeterminato; raddoppio dei posti letto per acuti e per cronici, riapertura degli ospedali di prossimità; riattivazione dei programmi di prevenzione oncologica; moltiplicazione degli ambulatori di distretto, loro adeguamento scientifico tecnico; assistenza domiciliare integrata assidua e di alto livello; ripristino delle strutture d’assistenza psichiatrica, per acuti e per cronici; potenziamento dei Pronto Soccorso; riapertura di tutti i servizi materno infantili e diritto all’interruzione di gravidanza, assumere in strutture pubbliche solo i ginecologi non obiettori; assunzione alle dipendenze del Ssn di tutti i medici di base, confisca e integrazione nel Ssn delle strutture ospedaliere convenzionate; re-internalizzazione di tutte le figure professionali, delle mense, delle lavanderie, di tutti i servizi tecnici e manutentivi.
Note
1) https://www.enpam.it/news/i-tuoi-colleghi-eletti-in-parlamento/
4) https://www.quotidiano.net/cronaca/sara-viva-sorge-morta-1.7367374