Chi ha il diritto di piangere la morte di Alika?
Volantino diffuso alle manifestazioni antirazziste di questi giorni
Sabato 30 luglio, a Civitanova Marche, Alika Ogorchukwu, ambulante nigeriano di 39 anni, reo di aver chiesto l’elemosina, è stato aggredito mortalmente da un uomo residente del posto.
Al dolore per la perdita di Alika, che lascia una moglie e un figlio di 8 anni, si aggiunge la rabbia per l’ipocrisia che connota il dibattito in questi giorni, a partire dal fatto che la Procura di Macerata ha da subito escluso l’aggravante razziale: una provocazione inaccettabile che fa cadere la maschera alla magistratura borghese.
L’omicidio razzista di Alika non può essere estrapolato dal suo contesto storico e sociale: anni di becera propaganda razzista instillata nelle masse da parte delle destre xenofobe e populiste hanno istaurato un clima d’odio che alimenta le peggiori pulsioni xenofobe. Ma non si sentano assolti tutti quei dirigenti di partiti che solo a parole sono «di sinistra» e che non hanno nessun diritto di piangere la morte di Alika. A una certa «sinistra» sempre pronta a dare il proprio sostegno ai governi della borghesia ricordiamo il mancato ritiro dei Decreti Salvini (i cosiddetti Decreti Sicurezza), gli accordi con la Libia voluti dall’ex ministro Minniti in quota Pd, la partecipazione al governo Draghi al fianco di Salvini. Utile anche ricordare che i Decreti Sicurezza sono stati convertiti in legge col voto favorevole del M5s e promulgati con tanto di firma dal Presidente Mattarella.
Oggi le lacrime di coccodrillo di quei partiti fintamente progressisti sono complementari alla propaganda d’odio di Fratelli d’Italia e della Lega, che nelle Marche è riuscita perfino a pubblicare un comunicato stampa che incolpa lo stesso Alika della sua morte: se stava a casa sua non succedeva (sic!).
Alika, come milioni di donne e uomini nel mondo, era un fuggitivo dalla barbarie imperialista che ha depredato e saccheggiato la sua terra: una fuga alla ricerca di un posto migliore che si è tradotta in un altro inferno dove si viene tollerati al solo fine di creare eserciti di riserva per il padronato che ne approfitta per abbassare i salari di tutti i lavoratori (autoctoni compresi).
Alika è stato ucciso dal capitalismo, che ha tratto profitto persino dal video della sua morte, che lo ha relegato ai margini della società perché non era più produttivo per i padroni, costretto a mendicare per sfamare suo figlio. Altro che «nessuna aggravante razziale»: Alika è morto di un odio profondo verso gli immigrati, trasformati dalla propaganda che la borghesia fa echeggiare attraverso i suoi media in capri espiatori del malessere sociale.
Nessuna soluzione uscirà dalle istituzioni borghesi!
Nessuna fiducia nei partiti dell’arco parlamentare che si sono macchiati (tutti!) delle peggiori nefandezze razziste e xenofobe!
L’unica via d’uscita è che gli sfruttati si uniscano, in tutto il mondo, nella lotta contro gli sfruttatori: lavoratori nativi e immigrati insieme contro il capitalismo!